anno | pos | podi | vittorie | pole | classe | moto | team |
---|---|---|---|---|---|---|---|
1992 | 5 | 5 | 1 | 4 | 250 | Aprilia | Iberna |
1993 | 4 | 5 | 1 | 2 | 250 | Honda | Rothmans |
1994 | 10 | 5 | 7 | 250 | Aprilia | Chesterfield | |
1995 | 12 | 8 | 9 | 250 | Aprilia | Chesterfield | |
1996 | 11 | 9 | 8 | 250 | Aprilia | Chesterfield | |
1997 | 10 | 5 | 3 | 250 | Honda | Marlboro | |
1998 | 2 | 8 | 2 | 2 | 500 | Honda | Marlboro |
1999 | 4 | 7 | 1 | 1 | 500 | Yamaha | Marlboro |
2000 | 3 | 4 | 2 | 5 | 500 | Yamaha | Marlboro |
2001 | 2 | 9 | 3 | 7 | 500 | Yamaha | Marlboro |
2002 | 2 | 8 | 2 | 4 | MotoGP | Yamaha | Marlboro |
2003 | 3 | 9 | 2 | 3 | MotoGP | Honda | Camel Pramac Pons |
2004 | 3 | 9 | 1 | 1 | MotoGP | Honda | Camel Honda |
2005 | 5 | 4 | 0 | 0 | MotoGP | Honda | Repsol Honda |
2007 | 3 | 17 | 3 | 0 | SBK | Suzuki | Alstare |
2008 | 7 | 7 | 0 | 0 | SBK | Ducati | Sterilgarda |
2009 | 4 | 9 | 1 | 0 | SBK | Aprilia | Aprilia |
2010 | 14 | 10 | 2 | SBK | Aprilia | Alitalia | |
2011 | 3 | 12 | 2 | 2 | SBK | Aprilia | Alitalia |
2012 | 11 | 5 | 1 | SBK | Aprilia | Aprilia |
Gli Inizi
E’ difficile raccontare la storia di Max in poche righe, la sua come quella di qualsiasi altra persona d’altronde. Qui noi proviamo a farlo attraverso le parole di chi gli è stato vicino negli anni in cui la sua vita non era ancora “pubblica”, quando Massimiliano non era ancora diventato Max, e di chi la sua carriera l’ha vista iniziare, quasi per caso, ed infine anche attraverso le sue parole, quando di quella carriera gli si chiedono i ricordi più particolari, che magari solo in pochi conoscono. Come pochi conoscono le foto che potete vedere in esclusiva su queste pagine, nessuno in realtà al di fuori della sua famiglia, fino ad oggi. Dite la verità, chi di voi avrebbe riconosciuto Max in quel bimbetto biondo (!) che vi sorride dalla spiaggia di Fregene? Tutti quelli che lo conoscono concordano su una cosa: è una persona estremamente riservata, ma non poco socievole, seria, ma capace di grande allegria quando si ritrova con gli amici di sempre. E’ diverso, Max, dagli stereotipi che circondano il suo nome.
Ci troviamo di fronte ad un ragazzo pieno di energia, capace di riposare appena quattro ore a notte, non per il nervosismo, né per la tensione, quanto piuttosto perché ama occuparsi di tutto quanto c’è attorno a lui.
Determinato e preciso, fin da piccolissimo, era molto diverso dalla sorella Vanessa di due anni più grande. "Da bambini dividevano la stanza" racconta il papà, Pietro, "bastava darci un’occhiata per capire quanto fossero diversi. Sembrava divisa da un filo invisibile. Dalla parte di Max regnava l’ordine più immacolato, da quella di Vanessa il caos. Litigavano di continuo però erano anche molto uniti". Per Max infatti la famiglia è sempre stata molto importante e Pietro lo segue ancora oggi in tutti i circuiti.
"Era un ragazzino tranquillo", continua il papà, "ma così pieno di energia che faceva scintille. Ha sempre fatto tanto sport, a cominciare dal calcio, di cui era appassionatissimo. A 7 anni ha iniziato con i “pulcini” del Trionfal-Doria, la squadra di calcio del nostro quartiere, Prati, di cui ero l’allenatore.
D’inverno invece faceva le gare sul Terminillo, si buttava a palla di cannone, la velocità non l’ha mai spaventato, anzi!". Poche cose in realtà spaventavano il giovane terremoto, e se è vero che il calcio catalizzava la sua passione sportiva per tradizione familiare, quella per i motori doveva essere scritta nella parte più profonda del suo DNA, pronta a saltare fuori alla primo occasione, come poi è avvenuto.
Continua infatti a raccontare Pietro: "I più grossi disastri che ha combinato erano legati ai motori: a sei anni è salito sulla macchina che avevo parcheggiato di fronte ad una fontanella, o un piccolo pozzo, non ricordo. La marcia era inserita e lui ha trovato il modo di entrare e mettere in moto. Ha distrutto macchina e fontana! Non avrei dovuto lasciare le chiavi inserite nel quadro ma era talmente piccolo, chi se lo immaginava?"
Con queste premesse chi lo avrebbe detto che poi Pietro sarebbe stato il primo meccanico del figlio pilota? E invece è andata proprio così.
La Moto
L’adolescenza di Max è stata come quella di tanti coetanei: la compagnia, il motorino, le festicciole, e, naturalmente, il calcio. Mentre il suo amico di sempre Daniele era un grande appassionato di moto, il nostro Max proseguiva felicemente la sua carriera calcistica. Come fu che Daniele, che già da tempo frequentava Vallelunga, un circuito un po’ dimenticato alle porte di Roma, quella domenica d’estate convinse Max a seguirlo? O è stato Max che chissà come ha sentito il richiamo del suo destino? Probabilmente semplicemente si annoiava, la scuola finita, gli allenamenti sospesi per la pausa estiva, il pranzo domenicale in famiglia come alternativa.
Nessuno dei due protagonisti ricorda chiaramente chi decise cosa, fatto sta che si ritrovarono tutti e due ai bordi della pista, uno già più esperto in procinto di godersi la sua mezz’ora in sella, costata la paghetta di una settimana, l’altro ad osservare un po’ stralunato il suo amico che all’improvviso gli pareva mooolto più "figo" di lui. E il gioco fu fatto. Non aveva fatto i conti, Max, con la paura di papà Pietro per le moto. Risultato: niente soldi per casco e tuta. Non aveva fatto i conti, Pietro, con l’ostinazione del figlio.
Risultato: cinque settimane da Pony Express, dieci ore al giorno nel traffico romano. Infine la capitolazione, dopo aver capito che quello non era un capriccio, che era una cosa importante, che Max, a diciassette anni, aveva trovato la sua strada.
"Era un po’ sperduto la prima volta che ha girato in pista", racconta Daniele. "Non sapeva che linee tenere, io andavo più forte di lui. Ma è durata poco, la volta dopo già mi stava davanti. Il bello era che non aveva ancora la patente per girare. Il bollino da attaccare sulla moto lo faceva mio padre, poi in pista ci andava Max".
Il passo successivo potevano essere solo le gare, con il padre a fargli da meccanico. Era il 1989, Max aveva 18 anni, ed ha corso la sua prima gara a Magione nel campionato Italiano Sport Production classe 125cc, con la Honda. Caduto. "Io da qualche anno ho smesso di seguirlo, ho una bambina piccola e non posso stare in giro per il mondo," continua Daniele, "ma fino ai primi anni del mondiale ho visto tutte le sue gare: il primo anno di Sport Production era sempre per terra. Era irruente, per niente calcolatore. Però quando arrivava, arrivava bene".
L’anno successivo, il 1990, è stata tutta un’altra storia. Maurizio Vitali, un meccanico "vero" di Roma, che negli anni successivi è diventato il capo meccanico di Garry McCoy nel mondiale 125, ha contattato Pietro Biaggi e ne ha preso il posto in pista a livello tecnico.
"Ci chiamavano quelli della Uno col carrello" sorride Maurizio al ricordo. "Tutti gli altri avevano camper e furgoni, Max si doveva cambiare in macchina. Ma ha vinto sei gare su sette e alla fine non rideva più nessuno". Si era fatto notare Max e quella prima stagione fantastica, seppur a livello di moto di produzione elaborate, gli è valsa la possibilità di partecipare al campionato Italiano in prova unica a Vallelunga, la pista del suo destino. Il suo primo affaccio nel mondo dei "grandi".
Così lo ricorda un giornalista che tuttora segue il mondiale.
"Due occhi scuri spalancati sul podio, i capelli arruffati. L’inno finì di suonare e lui, in mezzo alla gente che gli batteva le mani sulle spalle, già non sapeva dove andare. Aveva appena corso la sua prima gara fantastica con una moto da GP, finendo terzo alle spalle di Fausto Gresini e di Doriano Romboni. Capirossi aveva appena vinto il suo primo titolo nella 125, e Biaggi era stato capace di rimanere a ruota del neocampione del mondo, poi caduto, e di due una vecchie volpi delle piste la prima volta che qualcuno gli aveva messo fra le mani una moto da Gran Premio. Era nata una stella".
Il resto comincia ad essere scritto negli albi d’oro del motociclismo. Nel 1991 infatti Max ha vinto il titolo Europeo 250 al primo tentativo, correndo per il Team Italia, con Mauro Noccioli come capo meccanico. Ora non restava che il mondiale.
Campione
Il Motomondiale. Un universo nuovo, da scoprire, dove Max arriva nel 1992, dopo aver fatto una gara come wildcard in Francia, l’anno precedente, andando a punti (13°) con una moto privata.
La squadra era il team Valesi, la moto un’Aprilia 250cc e come compagno di squadra aveva Pierfrancesco Chili. Max indossava un vistoso casco rosa fucsia e di timori riverenziali ne aveva pochi. Durante il gran premio d’Italia, al Mugello,arrivò il suo primo podio con un ultimo giro incredibile dove ci fù un contatto con il suo compagno di squadra Chili(poi caduto). Durante l’anno e vinse il suo primo Gran Premio in sud Africa, proprio nell’ultima corsa del campionato.
"La mia prima stagione intera nel mondiale, ero arrivato dove volevo e sentivo di poter far bene, molto bene, ci racconta Max ricordando i suoi primi passi nel mondo dei grandi.
Era un mondo nuovo, dovevo imparare l’inglese, le prime volte quando mi parlavano i giornalisti stranieri non capivo veramente poco . Comunque erano dettagli, le piste da scoprire, la nuova squadra, le gare, erano quelle le cose importanti: erano tutto per me, assolutamente tutto. Ricordo i primi errori, le tante scoperte e poi l’emozione della prima vittoria, a Kyalami in Sud Africa, l’ultima gara del mondiale. Mi sono sentito in cima al mondo,una sensazione unica”.
Parlava poco Max, allora, anche perché, contrariamente a tutti i giovani che approdavano al mondiale, non era un animale da paddock. Chiuse il campionato in quinta posizione, l’anno successivo firmò con la Honda, correndo con i colori della Rothmans nel team di Erv Kanemoto. Vinse un solo Gran Premio, ma migliorò di una piazza la sua posizione in campionato.Ci furono molti problemi con le gomme Michelin (unica Honda 250 con quelle coperture) ma comunque il meglio doveva ancora arrivare.
La trasformazione completa avvenne nel 1994 quando tornò in Aprilia. In quell’anno iniziò la sua dittatura nella 250 dove vinse il suo primo mondiale (e primo Italiano nella storia a riuscirci con una moto Italiana Aprilia). Anni indimenticabili anche quelli del mondiale 1995-1996 dove continuò la sua marcata supremazia vincendo molte gare e demolendo gli avversari.
Tutto questo sino al ’97 compreso, l’anno in cui in Aprilia gli fu preferito Harada (pilota giapponese) e Max ripiegò sulla Honda, sempre con Kanemoto, ma pur cambiando squadra,moto e tecnici Max confermò la sua supremazia vicendo ancora il titolo del 1997 e fu l’apoteosi (tra l’altro alla Honda sfuggiva il campionato del mondo dal ben lontano 1992).
Le 29 vittorie, i quattro titoli mondiali di fila, sono un record riuscito a nessun altro nella storia della cilindrata. Ricordi tutti bellissimi per Max ma forse qualcuno più prezioso di altri.
"Dei quattro mondiali l’ultimo il primo è quello del sogno di sempre! Il vero motivo per il quale ho iniziato questa grande sfida.
Ma l’ultimo (1997) è quello che mi ha dato le emozioni più grandi. Ultima gara, Australia a Phillip Island, mi giocavo tutto, una tensione pazzesca. La sera prima ho giocato a biliardo con i miei meccanici, ero nervoso, ho perso. Ho faticato ad addormentarmi ma mi sono svegliato fresco come una rosa. Mi sono alzato, ho fatto la doccia ed ho aperto le tende. Era notte piena, avevo dormito 53 minuti. Allora mi è venuto da ridere e insieme al mio fido Fisioterapista Marino Laghi siamo stai svegli fino all’alba,e quella stessa mattina anche con un po di magia abbiamo festeggiato il quarto titolo mondiale".
Classe 500 e Moto GP
Il passaggio alla 500 nel 1998 ha fatto scalpore: sempre Honda, sempre Kanemoto. Prima gara, pole, vittoria, giro veloce; solo l’indimenticabile Jarno Saarinen ci era riuscito 25 anni prima nel 1973, Max era riuscito al debutto a battere in modo vistoso Mick Doohan allora campione affermato della 500cc.
Max quell’anno forse avrebbe addirittura potuto vincere il titolo se non fosse stato squalificato per aver ignorato uno "stop - and - go" a Barcellona pagando un regolamento assurdo che venne modificato l’anno successivo proprio in seguito a quell’episodio. In ogni caso è arrivato secondo alle spalle di Mick Doohan.
"Delle due vittorie di quell’anno la più emozionante è stata Suzuka, non la scorderò mai. Ma ricordo anche quella di Brno con quell’impennata pazzesca di cui ancora mi chiedono la foto. Non è stata voluta, non proprio così almeno, ma è riuscita bene... Quando mi sono trovato in verticale ho dato un calcio al freno posteriore per rimetterla giù e lei ha ubbidito subito, la mia brava ragazza. Quando mi sono rivisto in TV non ci credevo, brividi !!!".
Il 1999 è stato il primo dei quattro anni in Yamaha, costellati di momenti non bellissimi ma anche di grandi gioie e comunque vissuti con la determinazione, la passione, l’abnegazione di sempre. Sono quelli anche degli incidenti più gravi, come quello nel GP di Francia del ’99 di cui ancora porta i segni su entrambe le mani. Ma sono anni anche di soddisfazioni non da poco, come la vittoria in volata sulla pista di Phillip Island nel 2000 che regalò alla Yamaha in titolo del mondiale marche. Non è arrivato per Max quello più ambito, il mondiale della classe regina, nonostante i due secondi posti mondiale siano quanto di meglio un pilota Yamaha abbia realizzato da dieci anni a questa parte.
"Ho lasciato alla Yamaha un gran bel gruppo di lavoro. Dei miei tecnici del sol levante ho un ricordo affettuoso ed una stima costruita negli anni, soprattutto con il gruppo del progetto M1. Siamo partiti nel 2002 con una moto da rifare,era il primo anno delle moto equipaggiate dal motore a 4T e nella seconda metà della stagione sono arrivate due vittorie e il titolo onorifico di vice-campione del mondo. Un risultato non male dopo che nella prima parte della stagione mi ero ritrovato anche diciassettesimo in classifica generale!"
L’anno successivo è stato per Max quello del grande ritorno alla Honda, nel team Camel Pramac Pons. Nonostante la soddisfazione di due vittorie nel 2003 e una vittoria nel 2004, non sono mancate le difficoltà di doversi adattare a correre con la RC211V versione “clienti”. Il terzo posto alla fine di queste due stagioni non era esattamente quello che Max voleva, ma speriamo che sia il preludio per un 2005 più importante.
Da quando corre nella massima categoria, quest’anno Max è per la prima volta pilota HRC: la Honda si è arresa e gli ha finalmente riconosciuto il ruolo di pilota ufficiale, nel team Repsol, insieme a Nicky Hayden. La stagione è cominciata con un grande punto interrogativo per un grave incidente alla caviglia sinistra rimediato con la supermotard. Un osso tanto piccolo quanto canaglia, l’astragalo, ha messo in forse non solo la carriera ma anche l’integrità fisica di Max. Ma grazie ad un intervento chirurgico perfetto, alle cure del suo amico fisioterapista Marino Laghi e, soprattutto, alla sua grande determinazione, Max è riuscito a scendere in pista per i test invernali in Malesia. Se esiste il destino tutto questo significa che quest’anno Max deve esserci.
Come direttore tecnico ritrova un suo vecchio amico, compagno di grandi battaglie, Erv Kanemoto. Le aspettative sono grandi. Vedremo, Max ai suoi tifosi promette di dare il massimo, come sempre…
Superbike
Il ritorno alle corse per Max avviene in SBK, con la Suzuki GSX-R 1000 del team Alstare Corona di Francesco Batta. Subito Max fa capire di esserci, alla gara di apertura in Qatar Max, al debutto assoluto con una SBK, vince dopo un anno di stop dalle corse e si aggiudica il secondo posto nella Gara 2. Con 14 podi e tre vittorie (Qatar, Brno e Vallelunga), Biaggi è in lizza per il titolo fino all’ultima gara, dove però James Toseland riesce a vincere conquistando il titolo. Biaggi è 3° in classifica. Ma la strada di Biaggi è sempre tormentata, poiché la squadra di batta perde lo sponsor principale e con esso la possibilità di pagare un Top rider come Max.
Nel 2008 approda al team Ducati Sterilgarda, dopo un tentativo di Gresini di portare Max in MotoGP . Non ci sono vittorie ma solo 7 podi, che valgono a Max il 7° posto finale, comunque migliore dei privati. Non male, soprattutto considerato il forzato stop di un mese dovuto alla frattura al braccio sinistro in seguito ad una caduta in Australia.
L'anno successivo il grande ritorno a casa: firma con Aprilia e discesa in pista con la nuova moto di Noale, la RSV4. la stagione vive di alti e bassi, (come è normale che sia con una moto tutta nuova e da sviluppare) brutto inizio in Australia seguito dai due podi in Qatar. A fine stagione 10 podi e, grazie anche alla "solita" vittoria a Brno, Max e l’ancora acerba maxi veneta saranno quarti nel mondiale. Ma la stagione doveva essere preparatoria per dare il massimo nel 2010. Infatti…
La stagione del primo trionfo mondiale per Max in SBK è il ritratto perfetto del campione romano: velocissimo dove la pista e la moto glielo permettono, ragioniere e concreto dove capisce che cercare migliori risultati significherebbe rischiare il patatrac. La lotta con Leon Haslam e la sua Suzuki si conclude con la vittoria finale di Max Biaggi, primo italiano nella storia del mondiale SBK e campione del con 10 vittorie (di cui 4 doppiette) e 14 podi. Il trionfo si perfeziona proprio in Italia, ad Imola, mentre con la vittoria nella gara finale in Francia Max consegna all’Aprilia anche il titolo Mondiale Costruttori.
Nel 2011, stagione interlocutoria sempre con la Aprilia, illuminata dalle vittorie di tappa ad Aragon e a Brno, nonché da 10 podi, e da un infortunio al piede che lo costringe a saltare tre gare. Alla fine sarà 3° nel mondiale vinto da Carlos Checa.
La stagione 2012 consacra Max Biaggi come uno dei più grandi della moto e della SBK. Non è tutta rose e fiori ma, tra difficoltà e avversari che non regalano nulla, Max e la sua Aprilia RSV4 vincono 5 gare e vanno altre 6 volte a podio. Questi successi e un’attenta gestione del vantaggio sugli inseguitori (soprattutto Melandri e Sykes) gli permettono di vincere il suo secondo Titolo SBK per solo mezzo punto all’ultima gara, a Magny Cours.Quel mezzo punto che ha fatto sognare ancora milioni di tifosi e appassionati. Grazie Max !